il Riuso dell'inutile come pratica creativa
“Questo lo conserviamo… potrebbe servire!”. Era la filosofia delle nostre nonne, quelle che non buttavano mai via niente perché magari, un giorno, quella cosa sarebbe potuta tornare utile.
Così vecchi lenzuoli troppo lisi diventavano strofinacci, il maglione logoro si scuciva e con la lana si faceva una sciarpa, anche il nastro dei regali si recuperava per cucire all’uncinetto un resistente sottopentola. Ogni cassetto era una miniera di ciarpame, ma al momento giusto c’era sempre l'oggetto adatto da riutilizzare.
Le nostre nonne lo facevano perché erano cresciute in tempi difficili, quando non era semplice avere cose nuove e ogni oggetto andava trattato con cura e parsimonia perché durasse più possibile e, anche quando fosse cessato il suo primo uso, potesse essere sempre usato per farne qualcos’altro.
Oggi ci ritroviamo a rivalutare questa filosofia per motivi esattamente opposti: abbiamo una così grande disponibilità di oggetti nuovi, monouso e a basso costo, che non riutilizziamo più nulla, trovandoci giorno dopo giorno sommersi da montagne di rifiuti!
L’emergenza legata al loro smaltimento ci mette davanti ad una questione vitale: occorre un radicale cambiamento di prospettiva, iniziando a progettare secondo i criteri dell’eco-design. Secondo i principi della progettazione sostenibile bisogna minimizzare la presenza di sostanze tossiche nei prodotti, incorporare materiali riciclabili/riciclati, ridurre la quantità e le tipologie di materiali utilizzati, impiegare materiali compatibili tra loro in fase di riciclo, ridurre la quantità di scarti di lavorazione, minimizzare il packaging, usare un sistema di imballo riutilizzabile, aumentare l’efficienza energetica dei prodotti a funzionamento elettrico, facilitare l’accesso alle parti per la loro sostituzione omanutenzione consentire il recupero dei componenti per il riciclo.
Questo vale per tutti gli oggetti ancora da progettare, ma che fare con tutti quelli che ci circondano nelle nostre case, nelle nostre città? Occorre ripensare da capo il nostrorapporto con le cose, immaginandone una nuova vita quando avranno cessato il loro utilizzo “ufficiale”: occorre allora vedere nella “spazzatura” non un problema ma una risorsa, nell’inutilità nuove opportunità di creazione.
D’altra parte per tutto ciò che esiste sulla terra (oggetti dismessi compresi) vale il principio di conservazione per cui “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. Volendolo prendere alla lettera, nel caso del riuso creativo, possiamo immaginare un flusso infinito di oggetti che si trasformano sempre in qualcos’altro senza diventare mai rifiuti, in una sorta di metempsicosi ininterrotta operata dagli individui che utilizzano e riutilizzano le cose sfruttando una buona dose di immaginazione.
Per operare queste trasformazioni occorre sviluppare il “pensiero creativo”, quello che permette “di considerare le cose non soltanto per quello che sono, ma anche per quello che potrebbero essere”.
Si tratta di cercare un rapporto nuovo con gli oggetti, imparando a separarli dalla loro funzione principale e ad osservarli per le loro potenzialità materiche, formali, tattili, percettive. Questo è sfidare il senso comune del valore degli oggetti, è raccontare la storia che un oggetto vuole narrare, è mostrare la fragilità della materia, è cogliere l’armonia e l’abilità costruttiva di un particolare, è cercare la bellezza in luoghi inaspettati.